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Depressione? No, grazie! Meglio il tumore al seno!

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Studio osservazionale sulla percezione della depressione e delle terapie utilizzate per la sua cura

Milano, 8 febbraio, 2010 – Sei donne su dieci hanno incontrato la depressione e il 54% la teme più del tumore al seno. Sono questi i risultati di un’indagine svolta da ONDa- Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna-, intervistando circa 1000 donne. Emerge una larga sfiducia soprattutto rivolta alle terapie farmacologiche, considerate secondarie alla psicanalisi e all’aiuto della famiglia.

La depressione è sempre più diffusa nei grandi centri urbani e colpisce le donne molto più degli uomini. Si tratta di una patologia che si insinua nella vita della donna, isolandola dalla società: ecco perché il 78% delle giovani tra i 30 e i 39 anni la temono più del cancro e la considerano un “male incurabile”. Emerge un gap tra le cure attualmente disponibili e la percezione del pubblico, in particolare delle persone che sono già cadute in questo “male dell’anima”.

“E questo è sicuramente il risultato di una non ancora corretta informazione sulle dosi e, soprattutto, sulla durata delle terapie.” Spiega Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli (Milano). “Molte ricadute e insuccessi, che portano alla sfiducia nei farmaci, sono dovute proprio ai trattamenti inadeguati prescritti dal medico. È opportuno rivolgersi a centri specializzati in questo ambito così delicato.”

Le donne intervistate individuano come cause scatenanti della depressione il lutto, le violenze e la solitudine. La maggior parte di loro è in grado di riconoscere correttamente i sintomi, come ad esempio disinteresse, stanchezza e mancanza di sonno. Le aspettative sulle cure sono rivolte prevalentemente all’intervento del medico di famiglia, dei parenti e dello psicoterapeuta.

Poca fiducia è riposta alle cure farmacologiche, mentre si ritiene maggiormente efficace entrare in analisi, al fine di rintracciare le cause cognitive che stanno alla base di questa patologia. Tuttavia, il trattamento psicologico da solo non basta, ma deve essere affiancato a cure farmacologiche specifiche. Infatti, entrambi gli interventi mirano a favorire, sebbene agendo in ambiti differenti, la neurogenesi: tale processo è considerato fondamentale nella risoluzione di questo problema, che si manifesta anche come fino al 20% dell’attività cerebrale in alcune aree.

Nell’indirizzare le pazienti alla giusta cura risulta fondamentale l’intervento del medico di famiglia che, secondo i dati raccolti, rappresenta una figura di riferimento importante per le donne. Il medico conosce infatti l’intero background familiare delle pazienti ed ha sicuramente maggiore influenza su di loro, rispetto ad uno specialista. Questo è fondamentale dal momento che una delle maggiori dificoltà nel trattamento della depressione risiede nella refrattarietà delle pazienti a proseguire la cura farmacologica per i tempi prolungati richiesti (almeno 6 mesi, nella maggior parte dei casi). Il medico di base ha quindi il dovere di convincere le pazienti della necessità e validità della terapia mediante farmaci.

Negli ultimi anni si sono poi diffuse associazioni di supporto come Progetto Itaca che, come racconta la segretaria generale Ughetta Radice Fossati Orlando si rivolge a donne in gravidanza e “si pone l’obiettivo di riconoscere tempestivamente i sintomi della depressione e dare alla mamma, al bambino e a tutto il nucleo famigliare un aiuto concreto e personalizzato.”


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